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SULLA TEORIA DEL BIG BANG

22 aprile 2010

1. INTRODUZIONE

La cosmologia tratta della struttura e dell’origine dellUniverso; quella moderna iniziò intorno al 1925, quando si pensò di utilizzare i più grandi telescopi di quel tempo per studiare i corpi più remoti nello spazio cercando risposte sulla struttura dell’Universo. Le osservazioni dell’astronomo nord-americano Edwin Hubble (1935) dimostrarono che la luce proveniente da quasi tutte le galassie presentava uno “spostamento verso il rosso”. Il colore della luce che si riceveva, cioè, era più rosso di quanto lo fosse al momento della partenza dalla stella. Una possibile spiegazione di tale cambiamento è data dall’effetto Doppler, che si ha quando l’oggetto che emette luce si sta allontanando dal punto di osservazione. Per interpretare i suoi dati, Hubble aveva bisogno di un modello cosmologico dell’Universo. C’era quello di Milne e quello di Lemaitre, ambedue indicanti un Universo in espansione, in accordo con la Teoria Generale della Relatività di Einstein. Il modello di Zwicky, invece, era più statico, perciò richiedeva modifiche minori alla fisica di quel tempo e non introduceva concetti nuovi: esso rappresentava, pertanto, il quadro al quale potevano meglio adattarsi le osservazioni di Hubble. Lo stesso Hubble era comunque incerto sull’interpretazione da dare alle sue osservazioni ed essendo riluttante al concetto di un Universo in espansione, indicò gli spostamenti verso il rosso come “spostamenti apparenti di velocità”. Poco dopo, Hubble abbandonò in parte le sue riserve, finendo per accettare che lo spostamento verso il rosso fosse un effetto Doppler: il problema è, concluse, che la maggior parte delle galassie si sta allontanando da noi. In questo contesto nacque l’espressione di “Universo in espansione”.

2. L’UNIVERSO IN ESPANSIONE

Il passo successivo fu semplice. Sembrava logico che, se oggi l’Universo è in espansione, in passato doveva essere di dimensioni minori. Andando indietro per un tempo sufficiente, l’Universo doveva avere una grandezza minima, dalla quale iniziò ad espandersi. Non sorprese che questa idea fosse ben accetta dai cristiani, che associavano questo momento con “Nel principio” di Genesi 1:1. Non si poteva stabilire facilmente quando fosse avvenuto l’inizio, perché era necessario considerare non solo la velocità attuale di espansione, ma anche la sua variazione in rapporto alla distanza. La relazione osservata fra la distanza e lo spostamento verso il rosso è chiamata legge di Hubble ed il parametro che descrive l’espansione dell’Universo è il parametro di Hubble, H0. Una prima stima di Hubble diede H0 = 500 km/s/kpc, con una conseguente età dell’Universo di 2 miliardi di anni.

3. Il BIG BANG

L’età dell’Universo così calcolata causò un problema immediato, perché i geologi consideravano un’età della Terra di circa quattro miliardi di anni ed era impensabile che essa, essendo parte dell’Universo, potesse essere più vecchia dell’Universo stesso. Quando furono costruiti telescopi più potenti, però, si poté determinare il valore di H0 con maggiore precisione, arrivando ad un accordo fra la scala geologica del tempo e quella cosmologica. Intorno al 1960 la situazione era molto migliorata, tanto che l’età dell’Universo generalmente accettata era di circa 10 miliardi di anni. Anche se sono comparse altre teorie sull’inizio dell’Universo, dopo che nel 1965 sono state scoperte importanti evidenze, il mondo scientifico ha in generale ha accettato la teoria del Big Bang. Si suppose che l’Universo fosse formato inizialmente da un gas molto caldo e molto denso di particelle elementari. In questo gas, la luce emessa da una particella interna non poteva arrivare all’esterno, perché finiva per colpire prima un’altra particella, la quale alterava la sua direzione e frequenza. Se fosse stato possibile vedere l’Universo primitivo dall’esterno, perciò, avremmo visto solo gli strati superficiali: l’Universo, cioè, non era “trasparente”. Come esito della continua espansione dell’Universo, alla fine la sua densità sarebbe diminuita, tanto da permettere alla radiazione emessa da una particella di attraversare quasi tutto l’Universo senza incontrare un’altra particella: in quel momento l’Universo sarebbe divenuto “trasparente”. L’Universo allora avrebbe avuto 300 mila anni, un’età molto ridotta rispetto a quella totale di circa 15 miliardi di anni (equivale a due ore di vita di una persona di 50 anni). Già negli anni ’40, Gamow, Alpher ed altri avevano calcolato che un raggio emesso a quell’epoca avrebbe potuto raggiungerci oggi senza modifiche e così informarci sulle condizioni dell’Universo di allora. Una grande svolta si ebbe nel 1965 quando due ingegneri, lavorando nei laboratori di ricerca della compagnia telefonica Bell, scoprirono uno strano suono che arrivava all’antenna radio; dopo aver analizzato il fenomeno, conclusero che proveniva da una fonte di radiazione che era uniforme per tutto il cielo e che aveva una temperatura di appena 3 gradi Kelvin (3°K). Dedussero subito che questa era stata la radiazione emessa nel momento che l’Universo era diventato trasparente. La scoperta offrì un valido appoggio alla teoria del Big Bang e convinse molti cosmologi della sua fondatezza. Questa radiazione di 3°K, o radiazione cosmica in microonde (CMR), sembrava che avesse lo stesso valore in tutte le direzioni; ciò significava che aveva avuto origine in punti diversi con la stessa temperatura e densità. Il che suscitò una questione: in un mezzo così uniforme, come potevano essersi formate le varie strutture presenti nell’Universo, quali stelle, galassie, superagglomerati di galassie? Queste strutture indicavano una non omogeneità, la quale doveva già esistere nelle fasi iniziali perché, in un mezzo completamente omogeneo, è impossibile introdurre elementi eterogenei senza fare riferimento ad una influenza esterna (dall’omogeneità non può generarsi spontaneamente la diversità). Visto che queste prime conclusioni si raggiunsero con osservazioni fatte dalla Terra, c’era l’incertezza dovuta al passaggio delle radiazioni attraverso l’atmosfera terrestre; si fecero allora progetti per la realizzazione di un satellite che potesse fare osservazioni nello spazio, in modo da ottenere risultati di maggiore precisione. Nel 1990, così, fu lanciato un satellite (COBE) affinché esplorasse lo spazio cosmico e nel 1992, esaminando i dati raccolti, si notarono piccole differenze di temperatura guardando in direzioni diverse. Queste piccole fluttuazioni di temperatura e di densità parvero sufficienti per spiegare la formazione delle galassie e delle altre strutture. Alla fine di questo percorso la teoria del Big Bang, nelle sue linee generali, fu accettata da ancor più cosmologi e, attraverso i media, dalla maggior parte della gente. È da dubitare che il modello del Big Bang sarebbe stato recepito con tanto interesse, se fosse stato semplicemente un modello sulle origini dell’Universo fisico e inanimato. Questo modello, infatti, dato che tenta di spiegare l’origine degli elementi chimici che si riscontrano negli esseri viventi, è stato collegato alla Teoria dell’evoluzione casuale delle varie specie. Durante i primi tre minuti, quando l’Universo era molto caldo e denso, si pensa che furono originati soltanto gli elementi chimici più semplici, soprattutto l’idrogeno e l’elio; successivamente la temperatura sarebbe diminuita, al punto che la formazione dei nuclei degli elementi chimici (nucleosintesi) non fu più possibile. Pertanto, la questione sull’origine degli elementi importanti per la vita (ossigeno, azoto, carbonio, calcio e tanti altri) è diventata una delle più interessanti nella cosmologia moderna.

4. IL PROCESSO DI NUCLEOSINTESI

Dopo i primi 300 mila anni, si ritiene che le forze di gravitazione abbiano cominciato a far sentire la loro influenza: si formarono così piccole eterogeneità che crebbero, attirando la materia presente in loro prossimità. Questo portò alla formazione di grandi nubi, composte principalmente da idrogeno ed elio. Queste si contrassero ulteriormente e, come risultato, si ebbe una crescita della temperatura nei nuclei. Quando la temperatura centrale raggiunse i 10 milioni di gradi Kelvin, iniziarono i processi nucleari. L’idrogeno iniziò ad essere trasformato in elio con la produzione di molta energia, che divenne visibile sotto forma di radiazioni: nacquero così le stelle, che brillano a causa di reazioni nucleari che si realizzano nel loro interno. Anche nelle stelle molto grandi la quantità di combustibile nucleare (idrogeno) non è illimitata e, quando se ne è consumata una gran parte, il nucleo della stella collassa, facendo aumentare la temperatura fino a circa 25 milioni di gradi Kelvin. A questa temperatura l’elio, che fino ad allora era rimasto inerte, diventa combustibile e si trasforma in carbonio. Questi processi di nucleosintesi si suppone si siano ripetuti diverse volte, secondo cicli di durata minore, e avrebbero portato alla formazione dei vari elementi chimici, incluso il ferro. Quello che si pensa avvenne successivamente dipende dalla massa delle stelle. Se una stella aveva una massa sufficiente, esplose come supernova, producendo in breve tempo molti elementi più pesanti del ferro. Nell’esplodere, una grande quantità della stella si disperse nello spazio, generando grandi nuvole dalle quali poté formarsi un’altra generazione di stelle. Infine, e molto probabilmente in più luoghi, si formarono pianeti composti di massa solida, compresa la stessa Terra. A questo punto si ritiene che i processi di evoluzione naturale diedero luogo alla generazione spontanea della vita, che generò poi esseri viventi intelligenti. Ci sono molti aspetti del modello del Big Bang con il quale i cristiani possono essere d’accordo: l’Universo primitivo era dominato da radiazioni e luce, a ricordarci di quanto successe il primo giorno della settimana della creazione; Adamo fu generato con materiale (la polvere) esistente sulla Terra; il Sole, la Luna e le stelle furono creati il quarto giorno, cioè quando già esisteva qualcosa. Ci sono però anche molte discordanze fra il Big Bang e la Genesi, per esempio: i primi 300 mila anni, quando l’Universo si riempì di luce, non possono essere comparati con il primo giorno della Genesi; la vita, secondo l’impostazione del Big Bang non è creata da Dio, ma sorge a partire da materia inanimata; secondo la teoria del Big Bang è stato necessario molto più tempo che i sei giorni biblici per completare il processo; tralasciamo altre discordanze.

5. PROBLEMI SCIENTIFICI E FILOSOFICI

A parte le differenze fra la cosmologia del Big Bang e la Genesi, ci sono problemi scientifici e filosofici all’interno del modello del Big Bang, che ora vedremo brevemente.

A. PROBLEMI SCIENTIFICI
a) Altre interpretazioni dello “spostamento verso il rosso”. La causa dello spostamento verso il rosso non è necessariamente data dall’allontanamento delle galassie: ci sono altri fenomeni che possono causarlo. Fra questi il cosiddetto “spostamento gravitazionale verso il rosso”, che implica masse incredibilmente grandi per le galassie molto distanti. C’è poi il cosiddetto “effetto Doppler trasversale”, che implica una rivoluzione molto rapida intorno ad un centro: Ellen White scrisse riguardo ai “soli, le stelle ed i sistemi planetari, tutti in ordine stabilito, che ruotano intorno al trono della Divinità” e dobbiamo ammettere che la rivoluzione intorno ad un centro è una caratteristica generale dei corpi cosmici. Infine una teoria afferma che, per interazione con la materia, la luce perde parte della sua energia (spostandosi così verso il rosso) nel lungo viaggio che percorre da una galassia fino alla Terra. Questa teoria della “luce stanca”, secondo la mia opinione, non ha mai ricevuto le attenzioni che meriterebbe.
b) La questione dell’antimateria. Nella teoria del Big Bang le particelle elementari, quali elettroni, protoni, neutrini, neutroni ed altri, si ritiene siano state prodotte all’inizio dell’Universo. Gli esperimenti di laboratorio e le migliori osservazioni, però, fanno vedere che a queste particelle elementari è associata la corrispondente antiparticella formata da antimateria: le antiparticelle positroni, per esempio, si producono insieme con gli elettroni, gli antiprotoni con i protoni, ecc.. Quando una particella incontra la sua antiparticella, le due scompaiono in un fulgore d’energia. Nell’Universo molto denso, dopo che le particelle e le antiparticelle furono formate, sarebbe stato inevitabile che tutte le particelle avessero trovato la loro antiparticella. Come risultato, l’Universo dovrebbe essere composto di radiazioni e privo di materia (salvo le particelle come i neutroni, che non hanno antiparticelle). Constatiamo invece una forte presenza di materia normale nell’Universo, perciò bisogna supporre qualche asimmetria nella produzione di particelle elementari (con più particelle normali che “anti”), altrimenti la metà dell’Universo dovrebbe consistere di antimateria, rigorosamente isolata dalla materia normale. Non esistono però indicazioni a supporto di una possibile asimmetria e non si è individuata nessuna grande quantità di antimateria.

B. PROBLEMI FILOSOFICI

a) È “eterna” la materia o Dio? Anche se non fu possibile osservare direttamente l’Universo nei primi 300 mila anni della sua esistenza, possiamo dedurre le sue condizioni di quell’epoca a partire dal CMR: supponendo che l’espansione sia avvenuta anche prima di quel tempo, possiamo estrapolare a ritroso i vari dati. Regredendo nel tempo secondo questa logica, troveremmo l’Universo via via sempre più denso e caldo cosicché per poter spiegare cosa stava succedendo dovremmo applicare principi della fisica ogni volta meno comprensibili. Arrivati ad un certo punto nel tempo, l’Universo sarebbe stato così denso e caldo che, anche utilizzando la conoscenza più avanzata della fisica teorica, non è possibile analizzare quelle condizioni estreme. Si stima che si arriverebbe ad una tale situazione ad appena 10 secondi dal punto zero, che è considerato l’inizio del tempo e dello spazio. Le condizioni incomprensibili dell’Universo durante questa prima frazione di secondi sono definite una “singolarità”. Qualcuno potrebbe pensare che un tempo così piccolo può essere trascurabile e che siamo quindi giunti in modo trionfante all’inizio di tutto; ma il problema è che, in un intervallo di 10 secondi, l’Universo doveva già possedere molta materia e non riusciamo a spiegare tale situazione. Alcuni affermano che questa materia “primordiale” è l’esito di una fase anteriore dell’Universo quando, dopo un’altra precedente espansione, aveva subito un collasso. Si può così invocare un Universo che attraversa cicli ripetuti di espansioni e contrazioni: il nostro, secondo questo schema, rappresenterebbe semplicemente la versione attuale di un processo ciclico. Questo cosiddetto “Universo oscillante” non risponde realmente alla domanda sulla sua origine. Affermare che c’è sempre stato un Universo è privo di significato scientifico, oppure identifica l’Universo “eterno” con l’eterno Dio della Bibbia: nessuna di queste risposte è accettabile per un cristiano. Altri, essendo più onesti, ricordano che è possibile creare materia a partire dall’energia, ma è ovvio chiedersi: “da dove è arrivata quest’energia?”. Secondo la mia opinione, proviene da un Dio potente e credo sia l’unica risposta reale.

b) Presupposti cruciali non dimostrabili. Lo sviluppo della “teoria del Big Bang” durante gli ultimi 70 anni è ricco di supposizioni le quali, secondo le regole del raziocinio puramente scientifico, non devono fare parte del processo scientifico: ne menzioniamo alcune.

(1) L’espansione dell’Universo è basata su una filosofia tendenziosa. Nell’interpretazione dello spostamento verso il rosso, Hubble ha adottato la validità della teoria Generale della Relatività (non una brutta scelta) e del Principio Cosmologico (affermante che l’Universo sembra lo stesso da qualsiasi punto di osservazione). Anche se quest’ultima pare essere un’ipotesi ragionevole (di fatto l’unica che può essere fatta in modo costruttivo) la sua validità non può attualmente essere confermata (e forse non potrà esserlo mai).
(2) La “teoria del Big Bang” è basata sulla supposizione che la scienza può spiegare tutto, che può rispondere a tutte le domande. Questa è una supposizione priva di fondamento e, quelli che credono in Dio, sanno a maggior ragione che non è corretta. La scienza non riesce a spiegare l’origine dell’amore e dell’odio, della gioia e della tristezza, di verità, bellezza, coscienza e molte altre caratteristiche umane.
(3) Varie teorie alternative sono state rigettate, molte volte senza un adeguato esame delle loro proposte. Chiamate “teorie non scientifiche”, “teorie che contengono elementi di filosofia o di religione”, sono state rifiutate senza la minima considerazione. Assumendo quest’attitudine la cosmologia si è condannata da sé, perché anch’essa ha adottato supposizioni filosofiche e non scientifiche. Peggio ancora, la cosmologia ha chiuso gli occhi su quello che poteva ben essere una parte essenziale della realtà e dell’Universo.
Tutto ciò secondo un dogma non espresso, ma ben noto della cosmologia, secondo il quale il Dio della Bibbia e del Calvario non esiste e qualsiasi Dio nel quale crediamo è frutto della nostra immaginazione.

6. CONCLUSIONE

In base a quanto detto sopra, dobbiamo concludere che la cosmologia moderna, rappresentata dalla teoria del Big Bang, può avere la sua validità nello spiegare numerosi aspetti dell’Universo fisico inanimato, ma si rivela una teoria debole quando cerca di spiegare tutto, lasciando molte questioni senza risposta. Come Robert Jastrow ha concluso nel suo libro “God and the Astronomers”: “In questo momento sembra che la scienza non possa dissolvere quella nube che avvolge il mistero della creazione. Per lo scienziato che ha vissuto fidando nel potere della ragione, la storia finisce come un incubo. Egli ha scalato le montagne dell’ignoranza; è giunto al punto di conquistare il picco più alto e finalmente, nel raggiungere l’ultima vetta, viene salutato da un gruppo di teologi che si trovavano lì seduti da secoli”. È possibile, allora, armonizzare la cosmologia moderna con la Bibbia? Si dovrebbe tentare di farlo? Nel caso affermativo, come può essere fatto? Nonostante le ultime considerazioni critiche, permettetemi di dire che ammiro il metodo e l’impegno scientifico. Abbiamo imparato sulla natura molte cose che possono aiutarci a vivere in modo più confortevole. Al di là di questo, la scienza è uno dei metodi che Dio utilizza per comunicarci se stesso ed i piani che ha per noi. “I cieli raccontano la gloria di Dio” (Salmo 19:1), ma ci sono almeno due problemi con questo mezzo di conoscenza: 1) il peccato ha rovinato l’opera di Dio, che ora riflette il carattere del Creatore solo in modo offuscato; 2) quello che Dio desidera rivelarci tramite la natura lo percepiamo in modo incompleto, ed a volte distorto, a causa delle nostre limitate capacità intellettuali e morali. Non dimentichiamoci, però, che non possiamo tornare nella torre d’avorio della teologia, spiegando tutto ciò che ci circonda con la sola Bibbia. Per concludere, è proprio a causa della nostra incompleta comprensione, tanto della natura come della legge di Dio, che molte volte crediamo che si contraddicono. Ma Dio è il creatore di ambedue e non può esistere conflitto se ogni cosa è interpretata correttamente. Abbiamo bisogno della Parola di Dio e della scienza, per dare un senso all’Universo dove viviamo. Albert Einstein ha detto: “La religione senza la scienza è cieca; e la scienza senza la religione è zoppa”, ma è difficile sapere esattamente come amalgamare le scoperte della scienza con la nostra visione della Bibbia, nel tentativo di dare risposte sul problema delle origini. Credo che Dio creò l’Universo: “Nel principio” può significare che Egli cominciò la sua opera della creazione molto tempo fa. La cosmologia, se ben compresa, insegna come Dio iniziò l’opera per preparare un pianeta che avesse caratteristiche chimiche per formare gli esseri umani e mantenerli in vita. Fu così che Dio coronò la sua opera di creazione. In sei giorni Egli preparò la Terra per essere abitata, creò molti esseri viventi e l’essere umano, al quale ha assegnato una posizione speciale. Il resto della Bibbia ci racconta cosa avvenne di seguito e come, a dispetto della nostra ribellione, sarà finalmente compiuto il magnifico piano di Dio per coloro che accetteranno la redenzione offerta per mezzo di Gesù Cristo. Il compimento di questo piano include l’opportunità di conoscere la verità circa l’Universo ed io cambierei volentieri la mia opinione solo se il Creatore mi dicesse che Egli ha fatto diversamente.

LA MATEMATICA E DIO

21 aprile 2010

Sulla parete del mio studio campeggia il Crocifisso.

La giornalista, che è di fronte a me, lo osserva. Poi, meravigliata, mi fa: “Professore, è credente?”
“Sì”, rispondo io, con naturalezza. E lei:
“Ma come fa uno scienziato – anzi un matematico – a credere in Dio?”
E sottolinea la parola “matematico”, scandendo le sillabe.

L’equazione razionalità-mancanza di fede è un luogo comune che oggi va molto di moda, e mi irrita. Perché è del tutto errata. Lo prova il gran numero di illustri pensatori, del passato e di oggi – in prima fila i matematici – la cui fede è nota a tutti. Negli ultimi anni in televisione è stato dato troppo spazio a personaggi come Odifreddi che hanno portato avanti la tesi dell’incompatibiltà tra fede e scienza con argomentazioni logico-filosofiche che, comunque, hanno poco a che fare con la matematica. Il professor Antonio Ambrosetti, per lunghi anni ordinario di Analisi matematica alla Normale di Pisa e ora alla Scuola internazionale superiore di Studi avanzati (Sissa) di Trieste, ha avuto due maestri sia nella scienza che nella fede: Giovanni Prodi, eminente matematico “e anche grande uomo”, ed Ennio De Giorgi, uno dei massimi matematici del secolo scorso, entrambi animati da un profondo senso religioso.

Professore, c’è chi si propone addirittura di dimostrare matematicamente che Dio non esiste.

“Un’impresa del genere è tempo perso. Cito un libro che mi ha colpito: Irreligion, di John Allen Paulos, alla cui versione in italiano, per fare sensazione, è stato dato il titolo La prova matematica dell’inesistenza di Dio. Ma nel libro non c’è nessuna dimostrazione matematica. Nessuno dei geni della matematica, dai Greci fino a oggi, ha potuto dimostrare matematicamente l’inesistenza (o l’esistenza) di Dio. Nemmeno una scienza precisa come la matematica può dare una risposta al quesito cruciale che ha tormentato gli uomini di ogni tempo. Ho appena finito di scrivere un breve saggio dal titolo Matematica e Dio in cui mostro, tra l’altro, come sia un inutile tentativo quello di usare la matematica per dimostrare che Dio esiste o no”.

Oggi si è diffusa nell’immaginario collettivo l’idea che i matematici siano in qualche modo onnipotenti…

“Niente di più falso. Ognuno di loro, anche il più grande intelletto, aveva dei limiti imposti, se non altro, dalle limitate conoscenze scientifiche dell’epoca. Per esempio, il famoso teorema di Fermat, enunciato agli inizi del Seicento, è stato dimostrato solo pochi anni fa, e via dicendo. Anche in matematica ha luogo uno sviluppo graduale delle conoscenze che porta la ricerca a fare passi avanti.

Ma c’è sempre qualche risultato che ci sfugge e che verrà dimostrato probabilmente nel futuro.

Ma che cosa vuol dire “dimostrazione matematica”?

“In matematica si dimostrano teoremi, e per far questo occorre, innanzi tutto, fissare dei postulati. Poi bisogna fare delle ipotesi, e infine si cerca di dimostrare la tesi. Ecco un esempio conosciuto: il Teorema di Pitagora. I postulati sono quelli della geometria euclidea; l’ipotesi è che il triangolo sia rettangolo, la tesi è che la somma dei quadrati costruiti sui cateti equivale al quadrato costruito sull’ipotenusa. Ma il teorema può non valere, se sostituiamo gli assiomi della geometria euclidea con altri postulati o se ci riferiamo a un triangolo che non sia rettangolo.

Ora, quando si parla dell’esistenza di Dio, quali ipotesi si possono fare? E quali sono i postulati?

Tutto è inevitabilmente vago e aleatorio. Stesso discorso, se voglio addirittura provare l’inesistenza di Dio. Si aggiunga che una proposizione può benissimo essere vera, anche se, dati i nostri limiti, non siamo in grado di dimostrarla compiutamente. Lungi dal fornirci certezze, un teorema di matematica non può svelare il mistero di Dio, che sovrasta le nostre capacità. Del resto, si sa che bisogna stare attenti quando si cerca di applicare i risultati matematici alle varie situazioni concrete”.

La matematica non è un abito pret-à-porter.

“I teoremi sono spesso dei risultati teorici. Anche quando vengono usati per problemi di fisica o nelle applicazioni, vanno tenuti nei loro limiti e non estrapolati per adoperarli in situazioni che ci fanno comodo. C’è un famoso teorema di Poincaré in cui, in parole povere, si dimostra che un pneumatico bucato si rigonfia da solo dopo un tempo sufficientemente lungo. Ma chi è quel ciclista che si ferma ad aspettare questo evento straordinario? Potrebbe dover attendere secoli. Non parliamo poi di ragionamenti di tipo probabilistico che spesso si fanno quando si discute sull’esistenza di Dio”

Sono i più azzardati.

“Prendiamo la Legge dei grandi numeri, o di Bernoulli, di cui chi gioca alla roulette ha sentito parlare. In base a questa legge, dopo un numero “sufficientemente grande” di lanci, ci sono ottime speranze di vincere. Ma quanti lanci bisogna fare (aumentando sempre la puntata)? Mille, un milione o più ancora? Potrebbe non bastare una vita intera. L’incertezza è ancora maggiore, se pretendiamo di usare la matematica per discutere su Dio. D’altra parte, se per assurdo fosse possibile dimostrare matematicamente che Dio esiste o no, dovremmo essere tutti credenti o tutti atei, con buona pace della nostra libertà. Invece Dio la rispetta, permettendoci persino di rifiutarlo. Ma chi Lo cerca con la mente e soprattutto col cuore, ne sente la presenza e pregusta la visione di Dio quando i tempi saranno maturi”.

La matematica non può dimostrare nulla sul mistero di Dio. Ma può sostenere la fede?

“La matematica mi fa intuire la presenza di Dio. Parliamo dell’infinito, l’argomento risale a Pascal. In matematica, ogni numero reale è superato da ” infinito”. In questo io scorgo Dio, che è sempre al di sopra di noi. Dio che conosce tutti i teoremi ma non ce li svela, aspettando che noi lentamente progrediamo nella ricerca. Dio non vuole dei robot, ma degli uomini che con umiltà, coscienti dei propri limiti, vanno avanti e Lo cercano sapendo che non potranno mai capirne completamente il mistero. Alla fine, solo la nostra coscienza può dire sì a Dio, con scelte fatte liberamente con la mente e soprattutto con il cuore.

Diceva Ennio De Giorgi: “All’inizio e alla fine, abbiamo il mistero. La matematica ci avvicina al mistero, ma nel mistero non riesce a penetrare”.

LA SCIENZA DIMOSTRA L’ESISTENZA DI DIO

15 marzo 2010

Se discutete con un ateo o un materialista fate loro presente che la scienza stessa, attraverso le sue categorie, sono prova dell’esistenza di Dio e sottoponetegli queste argomentazioni:

1. LA STATISTICA

Nella Bibbia troviamo circa 2500 profezie; ben 2000 di esse si sono già adempiute, e le rimanenti 500 riguardano il futuro. Ciò significa, statisticamente parlando, che la probabilità che questo possa essere il risultato del CASO è talmente improbabile che non è nemmeno possibile scriverne il numero corrispondente per esteso. Ad esempio la probabilità che le 330 profezie dell’Antico Testamento relative alla venuta del Messia Gesù Cristo (tutte avveratesi) sia frutto del caso è pari a:1 a 2,187 x 10 alla 99esima. La grandezza di questa cifra non è più rappresentabile; ma se si pensa che l’intero universo conosciuto, con un raggio che è stato valutato a 5 miliardi di anni luce, dovrebbe contenere «solo» 10 alla 80 elettroni, si ha almeno una possibilità di paragone molto interessante, figuriamoci in confronto alle 2000 in totale !!!!!

2. LA FISIOLOGIA

Un’altra riflessione molto importante riguarda la realtà della materia: Tutti gli eventi e gli oggetti con cui ci confrontiamo nella vita reale – edifici, persone, città, automobili, luoghi – di fatto tutto ciò che vediamo, teniamo fra le mani, tocchiamo, odoriamo, gustiamo e udiamo – hanno origine come rappresentazioni e impressioni nel nostro cervello. I materialisti, i darwinisti, gli scienziati in maggioranza, ci insegnano a credere che tali immagini e impressioni siano causate da un mondo concreto esterno al nostro cervello, dove esistono gli oggetti materiali. In verità, però, noi non vediamo mai la reale materia esistente né mai la tocchiamo. In altre parole, ogni entità materiale che crediamo esista nella nostra vita è, di fatto, solo un’immagine che viene creata nel nostro cervello. Oggi, qualunque scienziato che sia uno specialista in medicina, biologia, neurologia o qualunque altro campo che si occupi di ricerca sul cervello, alla domanda su come e dove vediamo il mondo, risponderebbe che vediamo il mondo intero nel centro della visione presente nel nostro cervello.

3. LA FISICA

La fisica quantistica è un’altra branca della scienza che mostra quanto le affermazioni a favore dell’esistenza della materia siano ingiustificate. La verità più importante scoperta dalla fisica quantistica, che lascia i materialisti senza parole, è che la materia è vuota al 99.9999999%. Tutto ciò che è attorno a noi è solo energia. Anche il tempo è una nozione irreale. Oggi è un fatto scientificamente accettato che il tempo è un concetto che emerge dalla nostra costruzione di una disposizione sequenziale definita tra i movimenti e i cambiamenti. Einstein stesso fece rilevare: “Lo spazio e il tempo sono forme di intuizione, che non possono essere separate dalla coscienza più di quanto possano esserlo i concetti di colore, forma o grandezza”. Secondo la “Teoria generale della relatività”, il tempo non è assoluto; a parte le serie di eventi secondo le quali lo misuriamo, non ha alcuna esistenza indipendente. Einstein dimostrò scientificamente il fatto seguente nel suo “Teoria generale della relatività”: il ritmo con cui passa il tempo cambia a seconda della velocità di un corpo e della sua distanza dal centro di gravità. Se la velocità aumenta, il tempo diminuisce, si contrae, va avanti più lentamente e sembra che il punto di inerzia si avvicini. Spieghiamolo con uno degli esperimenti mentali di Einstein. Poniamo che ci siano due fratelli gemelli. Uno di loro resta in questo mondo, l’altro parte per un viagio nello spazio durante il quale viaggia quasi alla velocità della luce. Al suo ritorno dallo spazio, troverà suo fratello gemello molto più vecchio di lui. La ragione è che il tempo è trascorso molto più lentamente per il fratello che è andato nello spazio. Si può pensare allo stesso esempio in relazione a un padre che va nello spazio su una nave che viaggia al 99 per cento della velocità della luce mentre suo figlio rimane sulla terra. Secondo Einstein, se il padre avesse 27 anni e il figlio 3, 30 anni terrestri dopo, al ritorno del padre sulla terra, il figlio avrebbe 33 anni e il padre 30. Come si vede dal resoconto della relatività del tempo, il tempo non è un concetto concreto, ma varia a seconda delle percezioni. Per esempio, un intervallo di tempo per noi lungo milioni di anni, è solo meno di un momento per la percezione di Dio, anzi in Dio che è l’eternità non esiste il tempo.

4. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE

Il Principio di Indeterminazione. E’ un Principio enunciato nel 1926 dal fisico austriaco Werner Heisenberg, secondo cui non è possibile determinare simultaneamente con precisione la posizione e la quantità di moto (velocità) di una particella. Un numero sempre maggiore di autori tende a ritenere che l’indeterminazione non sia legata ai limiti dei nostri strumenti, che comportano necessariamente una interazione più o meno grande con l’oggetto da sottoporre a misurazione, bensì rappresenti una caratteristica intrinseca (ontologica) della materia. In altre parole, non sarebbe corretto ritenere che una particella subatomica, a un dato istante, possieda una posizione e una velocità perfettamente definite, oppure una specifica energia in un intervallo di tempo ben determinato. Questo postulato è uno dei cardini della scienza moderna e in sintesi afferma che nulla sia determinabile con precisione scientifica…cioè la scienza che pretende di dimostrare la non esistenza di Dio poggia le sue fondamenta sulla dimostrazione che la realtà non esiste. 

5. NOZIONI SCIENTIFICHE NELLA BIBBIA

Un’altra prova manifesta è data dal fatto che molti dei principi della scienza moderna furono affermati come dati di fatto naturali nella Bibbia, molto tempo prima che gli scienziati li confermassero in maniera sperimentale.

■La rotondità della terra (Isaia 40:22)

■L’estensione quasi infinita dell’universo sidereo (Isaia 55:9)

■La legge della conservazione della massa e dell’energia (2 Pietro 3:7)

■Il ciclo idrologico (Ecclesiaste 1:7)

■Il vastissimo numero delle stelle (Geremia 33:22)

■La legge dell’entropia progressiva (Salmo 102:25-27)

■L’importanza suprema del sangue nei processi vitali (Levitico 17:11)

■La circolazione atmosferica (Ecclesiaste 1:6)

■Il campo gravitazionale (Giobbe 26:7)

■e molti altri ancora.

Naturalmente, questi fatti non vengono affermati con il linguaggio tecnico della scienza moderna ma nei termini semplici del mondo dell’esperienza umana quotidiana; nondimeno, sono in perfetto accordo con i dati scientifici più moderni.

CONCLUSIONE

Dio ha creato tutte queste cose come immagini o percezioni. Ciò a dire che, dopo averle create, Egli non diede loro un’esistenza concreta e indipendente. Ognuna di esse continua a essere creata ogni momento. Che noi le vediamo o meno, tutte queste cose sono eterne nella memoria di Dio. Tutte quelle che sono esistite prima di noi, e quelle che esisteranno dopo di noi, sono già state create da Dio in un unico singolo momento. Come è stato illustrato nel capitolo precedente, il tempo è un’illusione; Dio lo ha creato e non è legato a esso. Perciò, le cose che per noi esisteranno nel futuro sono state create in un solo momento agli occhi di Dio ed esistono attualmente. Ma non possiamo ancora vederle perchè siamo siamo legati al tempo.